FOLIO

Se mi racconti una storia, resterà nel mio cuore per sempre

Se mi racconterai una storia, resterà nel mio cuore per sempre

“Dieci miliardi di like ogni giorno. Mentre scrivo, questo è il dato impressionante che arriva dall’ennesima ricerca sull’iperconnessione che rappresenta Facebook come una delle nazioni più popolose del mondo, grazie ai suoi quasi due miliardi di utenti unici quotidiani che veicolano quarantacinque miliardi di messaggi e guardano otto miliardi di video”. Così scrive Paolo Iabichino nel suo recente libro “Scripta Volant - Un nuovo alfabeto per scrivere (e leggere) la pubblicità oggi”, un lavoro di approfondimento molto interessante - e che vi consigliamo di sfogliare-  che si pone l’obiettivo di orientare il lettore verso l’urgenza di una nuova grammatica comunicativa, ripensando alle regole del copywriting. Il libro è ricco di spunti che siamo sicuri stuzzicheranno la vostra curiosità ed è divertente il fatto che sia strutturato in forma di abbecedario, come quello che aiuta gli scolari di prima elementare a imparare a scrivere le parole che useranno per il resto della loro vita. 

Paolo Iabichino, chief creative officer del gruppo Ogilvy & Mather Italia dal 1990, ha scelto delle parole dalla A alla Z che, secondo il suo punto di vista, detteranno la nuova agenda della comunicazione commerciale, politica, culturale e anche quella giornalistica.


Alla lettera F troviamo Facebook, “il più grande centro commerciale italiano con 24,6 milioni di audience”, e durante il procedimento di orientamento alla scrittura pubblicitaria contemporanea, l’autore propone un’interessante considerazione a proposito di questo social network, che ci sembra giusto condividere con i nostri lettori appassionati di social media. Iabichino afferma che negli ultimi anni si sono verificate alcune delle trasformazioni più importanti della creatività pubblicitaria e che, oggi, stiamo assistendo a un di “paradosso consumistico” in cui sono le persone a seguire le marche e non viceversa. Gli utenti, soprattutto i più giovani, dimostrano una sensibilità maggiore rispetto al passato e chi si occupa di comunicazione non può più concedersi la licenza di strumentalizzare i loro valori. Dobbiamo fare i conti con le marche che abbiamo tra le mani e comprendere a fondo il portato narrativo di ciascuna. Siamo chiamati a valutare la credibilità delle aziende per capire se le promesse valoriali che scriviamo siano sostenibili o meno.


Facebook ha accelerato un importante cambiamento verso il ripristino della fede e della fiducia tra gli utenti dei social media e sta guidando la carica per ripristinare esattamente quel tipo di fiducia e connessione tra azienda e consumatore. 

In che modo? 

L’aspetto che vogliamo affrontare oggi riguarda la ricalibrazione degli algoritmi per ottenere contenuti sempre più significativi per gli utenti. Dietro a tutto questo c'è il riconoscimento che trasparenza e fiducia sono sempre stati ciò che rende speciali i social media: la loro più grande virtù e la più grande vulnerabilità. L'impegno di Facebook a ripristinare questo senso di fiducia è molto serio e la sua visione è a lungo termine. E queste sono le motivazioni per cui, sempre più spesso, leggiamo frasi come “è cambiato l’algoritmo” oppure “il feed non è più lo stesso di prima”.
Il cambiamento più significativo riguarda il fatto che oggi non si può più chiedere agli utenti di commentare i post pubblicati sulle pagine business. Il perché è molto semplice: se deciderete di scrivere “fateci sapere cosa ne pensate” come conclusione di vostri post, Facebook non vi permetterà di comparire sul newsfeed principale.


Cosa significa? 

Significa che il vostro post non sarà visibile. Come ha comunicato lo stesso Zuckerberg, Facebook premia i post che permettono una maggiore interazione tra il pubblico. Interazione che non si traduce con brevi commenti tipo “ah che bello” o “non sono d’accordo”. 
Facebook ha deciso che le pagine business dovranno avere un nuovo ruolo per l’azienda la quale, dopo anni di comunicazioni dall’alto di un palcoscenico, a volte con il megafono, deve scendere da quel palco e entrare al bar, dove ad aspettarla ci sono gli utenti che vogliono ascoltarla e interagire; l’azienda deve riuscire a generare una diffusione di idee che stimolino il confronto e il dialogo tra i partecipanti e deve essere in grado di incentivare un pensiero o una riflessione così forti che l’utente deve sentire il bisogno di condividere.


E come si fa?

Mark Zuckerberg e Paolo Iabichino sono d’accordo su un concetto che chi fa comunicazione deve tenere a mente ossia che fare marketing non significa parlare di un servizio o di un prodotto, ma significa raccontare delle storie e che, in questo scenario, i contenuti diventano una sorta di valuta di scambio per guadagnare l’attenzione del pubblico a cui ci si rivolgere. Badate bene: guadagnare.
Perché è vero che se mi darai dei dati, imparerò. E giusto che se mi dirai la verità, mi fiderò di te. Ma è sacrosanto che se mi racconterai una storia, la tua storia resterà nel mio cuore per sempre. I social e Facebook ti chiedono di raccontare storie e il modo migliore per riuscirci è essere onesti, autentici e lasciare molto spazio al “dietro le quinte”, perché sono proprio quei momenti a permettere un contatto immediato con la tua realtà aziendale, con chi lavora insieme a te, dando un’immagine riconoscibile e vera al tuo business.


Con questa nota, abbiamo provato a rispondere agli interrogativi che molto spesso ci arrivano dalle aziende nostre clienti, ma se avete altri dubbi inviateci una mail a info@tonidigrigio.it. Potrebbero essere spunti interessanti da approfondire nelle prossime note!

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