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Ascoltare il mare, si dice
Ascoltare il mare, si dice
Massimo Pigliapoco - Founder and Director tonidigrigio.it
“Io, il capodoglio del colore della luna, sono nato nelle acque fredde che circondano un’isola detta dagli uomini Mocha. Sono l’erede della forza e della resistenza di tutti i maschi del gruppo. Ho succhiato il latte denso di mia madre, protetto da lei e da loro, fino a diventare la creatura più grande di tutto l’oceano, quella che vive in assoluta solitudine. Il mio mondo è fatto di silenzio, nessuna creatura si lamenta, grida o grugnisce sotto la superficie, solo noi giganti interrompiamo a volte la quiete. Sulla superficie invece risuonano incessanti il fruscio del vento, il fragore delle onde, le grida dei gabbiani e dei cormorani e a volte, la voce dell’essere meno adatto a vivere sul mare, l’uomo.”
Luis Sepulveda - Storia di una balena bianca raccontata da lei stessa
Ascoltare il mare, si dice. Per noi il mare fa rumore, risuona di voci e gesti. Il mare compone melodie fatte di onde, a volte confortevoli, a volte inquiete e potenti come pugni nello stomaco. Di fronte ad esso ci sentiamo minuscoli, inadatti, soffocati da tale maestosità, che tocca le nostre paure più ancestrali, i nostri desideri più profondi. Non possiamo dominarlo, educarlo, soggiogarlo. Allora ci fermiamo ad osservarlo e a poco a poco, chiudiamo gli occhi per ascoltarlo.
Le voci del mare sono anche quelle degli uomini che incontriamo e con cui condividiamo la stessa condizione. Sono marinai, come noi. A volte ci si guarda e ci si riconosce immediatamente. Si perché chi va per mare, chi vive di fronte al mare lo riconosci, appena si parla di mare. Noti la sua espressione che cambia impercettibilmente e ti accoglie, si sente capito e comincia a raccontare. A volte sono storie personali, altre desideri o sogni dei viaggi che verranno, altre volte sono i suoi occhi a parlare e non serve altro.
Ascoltare il mare, si dice. Per noi significa lasciarsi permeare da quelle storie, da quei desideri, che molto spesso hanno mosso gli uomini a fare, ad affrontare quelle paure, a vincere quel senso di inadeguatezza. Sono uomini che stanno dedicando la loro vita o parte di essa al mare. Sono marinai, ma non necessariamente nel senso stretto del termine. Sono sognatori, che immaginano nuove approdi e possibilità, e si sentono eterni viaggiatori. Sono in costante ricerca, spesso senza farne parola.
Le voci del mare sono anche quelle degli uomini, che ci raccontano di come si progetta una barca, di come si leviga un’asse di legno, di cosa andrebbe messo in cambusa. Sono uomini che sanno fare cose straordinarie, meglio di chiunque altro, perché hanno dedicato la vita a farlo e te ne parlano come se l’avessero fatto per la prima volta. Sono uomini che sognano. Tracciano continuamente la prossima rotta, disegnano sui loro taccuini come sarà lo loro prossima barca.
Li ascoltiamo da sempre, uno per uno, immaginando come sarebbe essere Mocha Dick, l’essere più imponente di tutto l’oceano, quello che vive in assoluta solitudine. Li ascoltiamo perché sappiamo che solo attraverso le loro storie e i loro sogni troviamo conforto e ci sentiamo meno soli. Li ascoltiamo perché è l’unico modo per alimentare la ricerca, per continuare a tracciare la prossima tappa del viaggio, a disegnare e a costruire la prossima barca. Che sarà la migliore che avremmo potuto immaginare. Fino a quella successiva.
Questo il contributo di Tonidigrigio al decalogo di Cantiere delle Marche, in occasione del loro decennale.
DECALOGO, Ascoltiamo i nostri interlocutori
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