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Forti dei nostri punti deboli!

Forti dei nostri punti deboli!


Quando in comunicazione si struttura una strategia partendo da modelli come l’analisi SWOT, ci si concentra quasi sempre nell’evidenziare gli elementi o i fattori positivi. Tali indicatori, debitamente approfonditi e tradotti, costituiscono la base per il rafforzamento di quei concetti che si fanno cardine di una strategia comunicativa e del messaggio ad essa connesso.

Siamo sicuri che questa sia l’unica strada da seguire?

A volte, si tende a sottovalutare che l’eccessiva focalizzazione sui punti di forza potrebbe indebolire l’efficacia del messaggio o della strategia di comunicazione integrata; soprattutto quando questi punti di forza corrispondono ad argomenti consolidati nella mente degli interlocutori e a concetti di dominio collettivo in quel particolare segmento di mercato.


Proviamo a cambiare punto di vista.

Se vogliamo convincere una persona, quando nella su testa esiste già un preconcetto, siamo costretti a un doppio sforzo. In primis, lo sforzo di insistere su un contenuto che difficilmente otterrà ascolto o scardinerà quel preconcetto; in secondo luogo, lo sforzo di comprendere perché la persona ha maturato quella convinzione. Il fatto è che, il più delle volte, quando mi capita di voler convincere qualcuno mi accorgo che maggiore è il mio impegno nel farlo minore la sua disponibilità ad ascoltarmi e a mettersi in discussione. Probabilmente questo potrebbe farmi riflettere sulle mie capacità persuasive, cosa che puntualmente accade, ma anche sul fatto che forse voler convincere qualcuno che la pensa diversamente da me non sia la cosa migliore da fare. Faccio un esempio: sto presentando la mia agenzia ad un interlocutore importante. Voglio a tutti i costi fare bella figura, per cui comincio a parlare di me, dei miei dipendenti, di quello che facciamo, di quanto siamo competenti, affidabili e capaci. Vado avanti per diversi minuti finché non chiedo se è tutto chiaro, se ci sono dubbi o domande. Il referente dell’azienda allora mi chiede: “dov’è la sede principale della vostra agenzia? Avete avuto esperienze di campagne internazionali?” Rispondo che siamo di Jesi, ma abbiamo un ufficio a Milano, uno ad Ancona ecc.. 

Poi maturo la convinzione, terribile, che tutto il tempo che avevo speso a raccontare era già filtrato dalla convinzione del mio interlocutore che fossimo piccoli, provinciali e non abbastanza strutturati a livello internazionale. Se non fossi stato così concentrato su di me forse avrei potuto valutare che, in quel particolare contesto, chi mi stava ascoltando voleva essere rassicurato sulla scelta di un partner capace di relazionarsi al loro mercato vasto, articolato, internazionale. Forse avrei avuto più possibilità d’ascolto se avessi iniziato dicendo: “siamo una piccola agenzia, non possiamo competere con le grandi agenzie milanesi, il nostro modo di lavorare è differente perchè si basa sulla costruzione di relazioni personali e sulla capacità di entrare nei processi aziendali. Siamo cresciuti con la convinzione che essere piccoli ci piace perché ci consente di essere vicini ai nostri clienti, di crescere con loro”. 


Tutto questo come si traduce in comunicazione?

Penso alle campagne dove questo approccio ha suscitato in me l’interesse e lo stimolo per approfondire la conoscenza di un prodotto a cui non ero interessato.

UNICUM

La comunicazione si focalizza su una serie di espressioni facciali di forte impatto, successive all’assaggio di un bicchiere di amaro. Sono uomini, di varie età che sembrano bere per la prima volta quell’amaro e restarne stupiti, quasi disgustati. Vengono colti impreparati dal sapore che hanno in bocca: Sfacciatamente Amaro. Amo i distillati, non bevo amari se non come digestivo e penso che, più o meno, abbiano tutti lo stesso sapore. Eppure, ora voglio capire perché quelle persone hanno avuto quella reazione e l’unico modo per farlo è andare al bar o al ristorante e ordinarlo. Probabilmente se mi avessero voluto convincere delle sue proprietà, delle erbe che ci sono dentro, del fatto che fosse un ottimo amaro, tutto questo non avrebbe minimamente scardinato le mie convinzioni pregresse. Tutto bello, ma gli amari sono tutti uguali e a me piacciono i distillati.

SMART ELETTRICA

Siamo nelle Ande, una coppia discute animatamente perché la loro auto elettrica li ha lasciati a piedi e sono nell’impossibilità di ricaricarla. Arriva una coppia di peruviani con al seguito dei Lama, li guardano e commentano l’ovvio: qua un’auto elettrica, siete stupidi? Scoppiano a ridere. Poi vediamo dove e chi usa l’auto elettrica.

Un secondo spot, ancora più surreale, vede la smart con a bordo un giovane in giacca e cravatta, sepolto sotto la neve, provare a dialogare con un inuit che si sposta con la slitta e i cani. Tutto questo risponde ai miei dubbi e lo fa affermando il posizionamento del prodotto. Sei giovane, dinamico, ti piace la “movida” cittadina e ti senti trendy? Non preoccuparti dell’autonomia e delle gite fuori porta, ma vivi al meglio il tuo status.


DIISM - UNIVPM

Cosa ne pensate degli ingegneri? Cosa ne pensate di chi vi vuole convincere che frequentare ingegneria vi consentirà di trovare occupazione, e di apprendere un sacco di belle cose?

Qui il nostro spot per il Dipartimento di Ingegneria Meccanica e Gestionale di UNIVPM, buona visione.

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