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L’intervista come esercizio di relazione: i consigli per la chiacchierata perfetta

L’intervista come esercizio di relazione: 6 consigli per la chiacchierata perfetta

Personalità pubbliche, figure apicali di un’azienda o il vostro migliore amico: ecco come portare a casa una bella intervista.

Valentino Cinefra
Copywriter & PR


Di tutte le cose che mi è capitato di fare nel corso della mia esperienza nell’editoria online, le interviste sono state le occasioni più stimolanti e che ricordo con maggior piacere. Perché durante un’intervista si ascoltano principalmente storie: idee, riflessioni di qualcuno che è arrivato a fare qualcosa di particolare e/o importante in uno specifico ambito. Nel corso di un’intervista si imparano anche moltissime cose e, sebbene ci siano molti lati positivi nell’affrontare una chiacchierata più o meno formale con qualcuno, non è affatto facile farlo nel migliore dei modi.

Perché oltre a saper fare le domande giuste bisogna sapersi preparare bene.

Può capitare di dover parlare con persone al di fuori del proprio campo di interesse/esperienza, scoprire di dover intervistare qualcuno all’ultimo minuto, dover parlare con una persona di cui non sapete nulla o, al contrario, estremamente nota e/o che ha già avuto modo di fare tante interviste. Ogni intervista è una storia a sé stante e, allo stesso tempo, un esercizio di comunicazione strepitoso.

Prima di tutto è necessario mettersi nella testa di qualcun altro, un po’ come per la metodologia dei Sei Cappelli.

Anche se nell’era attuale dei giornalisti-influencer spesso non accade, l’intervistatore dovrebbe scendere dal palcoscenico e puntare il riflettore sul suo ospite. L’intervista è come una jam session, a volte un’improvvisazione in cui lanciarsi spunti l’un l’altro e, per questo, non si può pensare di essere protagonisti.

Sapere come si fa un’intervista perfetta è quindi anche un modo per sapere come rispondere con efficacia e far diventare la stessa intervista, di riflesso, perfetta. Prepararsi bene significa essere preparati, e viceversa.

Quindi, come si costruisce l’intervista perfetta?


1. Studiate tutto quello che potete

Partiamo dal consiglio più banale che però, se ben applicato, può fare davvero la differenza tra una buona intervista e una fatta tanto per smarcare l’impegno: studiare.

Studiare l’intervistato, la sua realtà, la sua storia, e soprattutto le altre interviste che gli sono state fatte, se ce ne sono. Se il soggetto ha prodotto dei contenuti come libri, articoli, podcast o quant’altro cercate di fruirne il più possibile. Oltre a questo cercate fonti, dettagli, curiosità e tutto quello di strano e particolare potete trovare sul soggetto.

Affrontare questo passaggio vi aiuterà già a pensare alle domande da fare, un assist fondamentale quando magari non siete già ferratissimi sugli argomenti in questione. Così come evitare di pensare a delle domande a cui ha già risposto molte volte.

Se non si tratta di un’intervista online, studiate anche il luogo in cui farete l’intervista se avete la possibilità di farlo. Può sembrare eccessivo e fuori contesto, ma avere coscienza degli spazi e di come posizionarsi al loro interno durante l’intervista vi tornerà molto utile per dimostrare sicurezza e, di conseguenza, mettere a proprio agio l’intervistato.

Un esempio del risultato di un buono studio è la nostra intervista a Letizia Federici: la potete leggere qui.


2. Non fate domande a voi stessi

A volte i giornalisti più famosi arrivano ad un punto della loro carriera per cui nelle interviste fanno domande principalmente a loro stessi. Con l’obiettivo di mettere in mostra la loro cultura e conoscenza, gli intervistati si ritrovano a rispondere a domande che interessano solo a chi le pone.

Ovviamente le interviste devono generare delle informazioni interessanti, ma sono prima di tutto un contenuto da proporre a terzi. Tralasciando i discorsi sull’eventuale target di riviste/siti in cui uscirà il pezzo, immaginate sempre di dover leggere qualcosa che possa interessare qualcuno che, mediamente, non siete voi.

Per farlo aggrappatevi a tutto quello che avete imparato nello studio: aneddoti particolari, citazioni da approfondire, progetti accennati, curiosità di ogni tipo sono ottimi alleati per non preparare delle domande noiose.

Se vi capiterà di intervistare qualcuno di famoso è probabile che avrà già risposto almeno 10 volte nelle ultime due settimane alle 10 domande tipo che vi vengono in mente. Fare una domanda apparentemente sciocca ma non banale renderà la vostra intervista unica, ma soprattutto metterà l’intervistato a proprio agio perché si sentirà ancora più coinvolto.

Fuggire dalla banalità è fondamentale anche nel caso di interviste dove gli argomenti sono pochi alla base. In questi casi divertitevi a fare domande fuori dagli schemi, come nell'esempio di questa intervista all'autore e fumettista Luca Negri: la trovate qui.


3. Pensate però alle “vostre” domande

Se è bene evitare domande che interessino solo a voi, mettere qualcosa di vostro nelle domande è invece altamente consigliato.

Se c’è un legame (professionale, creativo, legato ad esperienze o passioni comuni, ecc.) tra voi e l’ospite dell’intervista, sfruttatelo per piazzare una domanda che risulterà senz’altro unica o almeno non banale.

Un esempio lo potete trovare nell’intervista con Giacomo D’Angelo, CEO di Streetlib, a cui ho chiesto se anche gli audiolibri ed ebook hanno visto un calo di fruizione come per YouTube, Twitch o Netflix, piattaforme che conosco molto bene e di cui ho seguito l’andamento durante e post-lockdown. Una domanda che senz’altro è stata già posta a Giacomo, suppongo, ma con un’accezione che l’ha resa diversa e più personale.


4. Immaginate un percorso narrativo

Nel preparare le domande un buon trucco è visualizzarle come parte di una storia. Un percorso narrativo in cui il finale è l’informazione principale che volete recuperare attraverso una risposta, e l’incipit è una domanda qualunque.

Per preparare le vostre domande iniziate da quella più importante e mettetela per ultima. Dopodiché immaginate una storia che vi porti a scoprire quel finale e scrivete le domande giuste per poterci arrivare: un incipit di riscaldamento, alcune domande in crescendo, una domanda climax che spezza il ritmo (per tono e/o argomenti) e una domanda che precede quella finale.

Chi leggerà o ascolterà la vostra intervista dovrà fare il vostro stesso viaggio, perciò assicuratevi di riuscire a far emergere più dettagli possibili sulla storia del vostro ospite.

Provate ad immaginare un tema. Se la vostra intervista fosse una storia, di cosa parlerebbe? Cosa affronterebbero i personaggi? Cosa scoprirebbero di loro stessi alla fine del viaggio? Declinando queste domande con i protagonisti dell’intervista, che includono anche voi stessi, sarà più facile immaginare la serie di domande da preparare.

In ogni caso le domande devono essere una traccia e non un binario da percorrere perché, come vedremo dopo, vi capiterà molto probabilmente di dover gestire degli imprevisti. Se avete bene in mente il finale della vostra intervista sarà più facile arrivarci, in un modo o nell’altro, anche improvvisando.

Ho usato questo metodo intervistando gli attori principali e il director del videogioco Life is Strange: True Colors, tirando fuori dagli interlocutori delle risposte che mi hanno regalato un’intervista unica: la potete leggere qui.


5. Siate banali solo nel rompere il ghiaccio

Non date per scontato che l’ospite sia sempre a suo agio nelle interviste. A volte capita che le personalità pubbliche non amino le interviste nonostante ne facciano parecchie, figuratevi chi non è abituato a farne molte come il responsabile di una PMI, ad esempio.

Rompere il ghiaccio è fondamentale in questi casi per creare subito una connessione con l’ospite.

Fate un commento sulla stanza in cui state chiacchierando o, nel caso di un’intervista da remoto, su qualcosa che si vede nelle sfondo dell’inquadratura. Se l’intervistato è stato recentemente protagonista di qualche evento o notizia particolare (e lo saprete se avrete studiato!) tiratelo in ballo con un commento per sciogliere la tensione.

Un commento sull’attualità, una battuta sul ritardo o sull’anticipo, anche un veloce scambio sul meteo e le temperature: in questo caso, e solo in questo caso, potete concedervi una piccola banalità.

Nel caso stiate facendo la vostra prima intervista nella vita: ditelo apertamente. Non abbiate paura di sentirvi vulnerabili perché, al contrario, dichiararlo al vostro ospite renderà l’occasione immediatamente meno informale nella sua mente.

Non solo renderà più sciolti (e quindi concentrati) voi ma anche il vostro ospite che, con una minore tensione, sarà ancora più ben disposto a rispondere alle vostre domande, anche quelle su cui avrebbe fatto più resistenza. Ditelo anche se siete alla vostra seconda o terza intervista, vi farà comunque bene. Una piccola captatio, per il nobile fine di creare una bella intervista, non è da condannare.

Una delle migliori banalità per rompere il ghiaccio è chiedere un "riassunto" all'intervistato. Un espediente semplice ma sempre efficace, come nell'esempio della nostra intervista alla Prof.ssa Maria Rita Manzoni: la potete leggere qui.


6. Preparatevi ad improvvisare

Gli sviluppatori giapponesi di videogiochi sono, non me ne vogliano, le persone peggiori da intervistare.

Non essendo abituati a stare al pubblico come i loro colleghi del reparto marketing, ed essendo generalmente molto più riservati dei loro colleghi occidentali per cultura ed attitudine, tirare fuori delle informazioni utili da loro è spesso difficilissimo.

Come si fa a portare a casa un’intervista quando una serie di domande articolate, che avrebbero coperto uno slot da 30 minuti, si risolve con una sequela di 5 minuti di “sì” e “no”?

«Adapt. Improvise. Overcome», direbbe Bear Grylls.

Pur non dovendo combattere guerre o sopravvivere nei luoghi più ostili, nelle interviste vi capiterà di dovervi adattare per i più svariati motivi. Pur avendo immaginato le vostre domande come un percorso narrativo (v. sopra) preparatevi per un po’ di fuoristrada.

La tensione potrebbe alzarsi per una domanda percepita come sgradevole (vedi il caso della famigerata intervista a Robert Downey Jr. del 2015), l’intervistato potrebbe chiudersi emotivamente per motivi che a volte non c’entrano nulla con la situazione, le risposte ricevute potrebbero essere evasive o poco esaurienti, e così via. 

Non esiste la ricetta dell’improvvisazione perché ogni caso è differente, ma ecco alcune mosse pronte per l’occorrenza:

  • Utilizzate il silenzio per creare un momento di distacco. Vi permetterà di riordinare le idee e lasciare all’interlocutore un momento di riflessione, dal quale potranno scaturire altre informazioni oppure un riassestamento della conversazione su toni più amichevoli.
  • Cambiate subito domanda e sviate dall’argomento della conversazione. Anche parlare di una banalità estrema può essere utile, o semplicemente passare al vostro prossimo punto. Potete sempre tornare indietro e riportare il discorso su quel tema lasciato indietro.
  • Fate un gesto di discontinuità. Una cosa che funziona principalmente con le interviste in presenza, ma che potete tradurre anche online all’occasione. Spostarvi sulla sedia, chiedere come sta andando l’intervista, fermarsi per una pausa, ed altri espedienti del genere portano l’interlocutore a spostare l’attenzione su altro con l’obiettivo di riallineare il suo pensiero verso il discorso principale.

L’improvvisazione però può avere anche degli aspetti positivi. Se si crea una sintonia con l’interlocutore potrebbe capitare di iniziare a parlare in maniera molto fluida, piacevole, e arrivare a creare un’intervista dai contenuti ottimi che magari non c’entrano nulla con le domande che avevate pianificato di fare.

In questi casi non mettetevi dei paletti costringendovi a tornare sulle domande che avete scritto. Questi sono i casi migliori perché le interviste diventano della jam session, come accennato sopra, e per avere un contenuto ottimo non dovete far altro che seguire il ritmo.

Se proprio avete bisogno di una informazione specifica farete sempre in tempo a tornare nei ranghi per una singola domanda. Ma, se state improvvisando piacevolmente con il vostro interlocutore, nella maggior parte dei casi vi porterete a casa un’intervista realmente unica.


Un approccio di questo tipo non è utile solamente a chi fa il lavoro del giornalista, perché imparare l’approccio ideale che si dovrebbe tenere in questi casi è utilissimo anche nella vita professionale in vari ambiti.

Il primo incontro con un potenziale cliente non è altro che un’intervista che non andrà mai pubblicata. Così come la riunione in cui illustrare le prime proposte per un progetto, che segue quasi pedissequamente lo stesso schema che si adotta quando si intervista qualcuno. Per non parlare del colloquio di lavoro, che non a caso in inglese si chiama job interview, perché è una chiacchierata in cui un possibile datore di lavoro ha bisogno di scoprire delle cose (competenze, carattere, soft skills, ecc.) da un candidato attraverso delle domande.

Sapere come si prepara una buona intervista, conoscere il lavoro “dietro le quinte”, vi aiuterà a muovervi bene anche quando vi capiterà di stare dall’altro lato. Rispondere bene, risultare interessanti e, nei casi ideali, fornire all'intervistatore le risposte che ha bisogno di sentirsi dire ma nel tono e modo che volete voi.

La comunicazione è relazione, e l’intervista è uno degli esercizi più interessanti in questo senso. Nel processo di creazione di un contenuto del genere ci si pone necessariamente nella condizione di mettersi in gioco, cercare di estrarre dalle informazioni da qualcuno e raccontarle in modo convincente: esattamente ciò che dovrebbe fare ogni un professionista in comunicazione.

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