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Il valore della relazione nei progetti culturali
Il valore della relazione nei progetti culturali
La cultura, la si può comunicare?
Questa riflessione nasce dalla definizione stessa della parola cultura, che è quanto mai complessa, ma
possiamo provare a definirla come elemento che interseca due percorsi: quello della consapevolezza e quello
dell’espressione. Possiamo quindi pensare alla cultura come un processo di acquisizione e formazione
intellettuale e morale dell’individuo, e la relativa traduzione nelle forme e nei linguaggi manifestanti le
espressioni sociali di un popolo in un determinato momento.
L’origine etimologica della parola comunicazione deriva dal latino communis agere, cioè mettere in
comune. Comunicare la cultura dovrebbe essere del tutto implicito, stante il fatto che il concetto stesso di cultura
può essere visto come bene comune della collettività. Eppure, non è così semplice.
Le manifestazioni espressive e i canali di comunicazione si sono talmente frammentati che è impossibile dare
una risposta univoca. Possiamo provare a tradurre il processo stesso che ci conduce alle definizioni di Cultura e
Comunicazione e individuare tre momenti, da collocare all’interno di un percorso di strutturazione di progetto
comunicativo.
Il posizionamento può essere visto come elemento di acquisizione di consapevolezza, crea il contesto dentro
il quale collocare il progetto culturale, l’espressione il fine ultimo e la restituzione del valore. La
comunicazione, che si collocava come terzo elemento, oggi si sposta al centro di questo processo e ne diventa il
motore dialettico, che amplifichi visioni e riflessioni, ma soprattutto alimenti le relazioni.
Cosa si intende per relazioni?
Le relazioni animano la nostra vita, scandiscono la quotidianità, alimentano desideri e aspettative.
Sono le relazioni il motore del nostro fare e l’oggetto della nostra ricerca.
Quando pensiamo ad un progetto, che si avvalga di strumenti digitali utili a sopperire l’impossibilità
o le limitazioni della presenza fisica, non dobbiamo perdere di vista che al centro continuano ad esserci le
persone.
Il valore di un progetto non si misura quindi solo nell’interesse, inteso come indicatore quantitativo, ma
nella forza dei legami che si creano tra i soggetti in causa.
Leggevo pochi giorni fa di come, dopo l’iniziale entusiasmo, l’attrattività della fruizione alla
cultura dei vari tour virtuali o contenitori culturali fosse repentinamente crollata, e non siamo noi a percepirlo
ma è Google che ce lo dice con la chiarezza delle sue metriche.
Mi sono chiesto se fossi io, abituato per la professione che svolgo a relazionarmi coi mezzi digitali, a sentirmi
stanco e demotivato da contenuti impersonali e reiterati nelle logiche di fruizione e nei canali di
distribuzione.
In questo periodo non mancano di certo le possibilità di accesso ai contenuti -anche culturali e artistici-
allora perché il pubblico non è interessato e sta abbandonando progressivamente i canali dove tali
contenuti vengono veicolati?
Il motivo è da ricercarsi nel tipo di relazione che stiamo costruendo con tali soggetti. Spesso si tende a
essere più concentrati sul contenuto e sugli strumenti che sul pubblico a cui quel contenuto si
rivolge.
Sarà quindi centrale, alla base di ogni strategia, attivare una leva di ascolto che possa attivare
l’interesse degli interlocutori e farli sentire parte in causa nello sviluppo della tipologia di contenuto e
delle modalità di fruizione dello stesso.
Non sappiamo quali siano le aspettative o i bisogni attuali delle persone, nè come si sentano emotivamente,
calati in questa nuova e mutevole quotidianità. Il rischio maggiore che possiamo correre è pensare che
una seppur difficile normalità, mutuata da quanto era possibile in precedenza, sia da ricercare perché
desiderata e desiderabile dal nostro pubblico.
Se il nostro metro di giudizio resta questo, probabilmente anche la valutazione delle esperienze che vivremo,
digitali o no, sarà sempre insoddisfacente e mutilata dall’impossibilità di competere con quanto
nella nostra mente si era cristallizzato come positivo, di valore, appagante.
Gli strumenti digitali? Criticità, opportunità.
Gli strumenti digitali possono costituire un facilitatore di processi, se utilizzati per alimentare le relazioni con
il pubblico di riferimento.
L’atto di comunicare implica che ci sia qualcuno che voglia mettere in comune qualcosa con qualcun altro,
guardando a chi ha di fronte. Esprimere invece deriva da ex premere, ossia portare fuori, senza necessariamente aver
innescato il presupposto stesso della comunicazione, ovvero alimentare l’interesse al confronto e
all’arricchimento reciproco, partendo dall’obiettivo di risultare chiaro e diretto.
Se la competizione si misurerà sull’efficacia e sull’impatto delle forme espressive, che
ricerchino attenzione attraverso la maggiore capacità penetrativa del messaggio o degli elementi visivi, si
rischierà di allontanare chi potrebbe mostrare interesse e attivare una partecipazione attiva.
Immaginate di voler parlare con qualcuno e di farlo alzando la voce perché intorno il rumore di fondo
continua a crescere. Così facendo potremmo di certo far arrivare il nostro messaggio, ma non metteremmo in
condizione chi ci ascolta di risponderci e dialogare con noi.
Fermiamoci, osserviamo quello che succede, andiamo a cercare le persone interessate a costruire una relazione di
valore e accompagniamole in un posto tranquillo, dove ci sia più silenzio. Invitiamole, anche singolarmente,
chiediamo loro cosa pensano e dove vorrebbero stare. Parliamo loro della nostra visione di cultura, ascoltiamo la
loro.
Come dice Vasco Buonpensiere, abbiamo il dovere di cambiare punto di vista, come quando si percorre la stessa strada
che si fa ogni giorno ma ci si siede al contrario, lasciandosi attrarre da ciò che, impegnati a
raggiungere la meta, era celato al nostro sguardo.
Non possiamo restare immobili, ma possiamo mobilitarci per cambiare il modo in cui facciamo le cose, le osserviamo,
le rendiamo nostre.
In questo periodo, anche vicino noi, abbiamo assistito a progetti che sono nati con questo scopo e che a volte ci ha
visti direttamente coinvolti.
Pensiamo ai Consulti Poetici di Marche
Teatro, premiato tra i progetti culturali più innovativi in Italia eppure strutturato per parlare a
un pubblico limitato di persone. Iniziative come quella del MAMbo, format di engagement digitale per l’implementazione di contenuti video affidati
ognuno a una voce diversa. Aziende come Elica che hanno creato una radio attraverso la quale avvicinare con la voce le persone in
differenti parti del mondo. Il progetto del Canale digitale di Cultura
presente de La Mole di Ancona, il cui cuore pulsante è costituito dalla sua redazione, impegnata
quotidianamente nel dialogo verso l’esterno, volto ad ascoltare, confrontarsi, stimolare.
Un canale digitale è solo un mezzo per aggregare questi processi, ma tenere traccia delle relazioni,
misurarsi con i limiti e le opportunità di questo o altri momenti, per sperimentare, avviare e alimentare un
processo di trasformazione che ci vedrà, volenti o nolenti, protagonisti.
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